lunedì 4 settembre 2017

(MO)DINI'S ON THE ROAD

GIORNO 1

Parlare di ferie non è più così semplice come potrebbe sembrare.
Due giovani precari che attendono di capire in quale periodo partire, per quanti giorni, con quale budget. E così cominci a pontificare e se sei come me pure a prenotare alberghi con cancellazione gratuita che poi dimentichi di disdire, ad aggiornare compulsivamente i prezzi dei voli per Ovunque e a ricercare pacchetti invitanti che nascondono puntualmente magagne organizzative.
Dopo qualche mese di tutto questo, mi arrendo al “prendiamo la macchina e partiamo, dove si arriva si arriva”.
Poi capisci che le tue ferie sono a Ferragosto, e che, a meno che tu non abbia un elevato senso di adattabilità, il popolo vacanziero, le folle, le previsioni di bollino nero per il traffico autostradale, ti costringono comunque a stilare un piano di attacco per il riposo.
E' con queste premesse che propongo un Tour di Slovenia ed Istria, ed è con l'idea di scampare allo stazionamento in una spiaggia sovraffollata per una settimana, che viene di buon grado accettato da Luigi. Così partiamo con le migliori intenzioni.
La sveglia segna le 04:30 quando apriamo gli occhi e ci accorgiamo senza troppo stupore del mal di stomaco causato degli ennesimi muffin venuti male che durante la notte hanno terminato il loro processo di lievitazione nei nostri stomaci.
Saliamo in una macchina inaspettatamente sgombra per i nostri standard, il cancello si apre, siamo pronti ad iniziare il viaggio on the road meticolosamente programmato, quando mi accorgo che l'mp3 studiato ad hoc in realtà è un cd, saliamo in casa e ritentiamo, dicevano che chi ben comincia è a metà dell'opera.

Il viaggio scorre liscio, per quel che ne so.
Il primo reale impatto con l'idea di vacanza lo abbiamo poco prima della frontiera Slovena, dove mi accorgo della presenza dell'Est Europa. Visi stanchi e seriosi accompagnano camionisti Rumeni in fila, come noi, per la vignetta di circolazione. La pelle pare avere un altro spessore, le donne nascondono dietro ad un sorriso ed una scollatura procace una tristezza tanto evidente quanto presunta.
Il primo giorno lo dedichiamo alla visita della capitale Slovena, Lubiana, percorribile a piedi, da un lato all'altro, in 20 minuti come indica la mappa che ci forniscono in albergo.

Partiamo dal Castello, più per la vista dall'alto della città che per il reale interesse culturale.
Inizialmente adibito ad arsenale e ospedale militare, venne convertito in prigione sino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Qui in Slovenia hanno la facoltà di trasformare un nonnulla in un luogo di interesse.
Il Castello è ben curato, una mostra d'arte di dubbio gusto ci accompagna nelle sue sale interne, il verde rigoglioso ed autunnale che circonda l'edificio e la città intera ci permette di respirare dopo il lungo viaggio in auto.
Una mostra fotografica di ritratti di popolazioni indigene a cura del National Geographic mi strappa il primo reale sorriso.
Non partiolarmente affascinati da luoghi turistici come questo, dove uomini dallo zaino azzardano paragoni con altre capitali Europee sulla base di elementi archittettonici come le ringhiere in metallo, e dove grande rilevanza viene data ad insulsi reperti romanici, decidiamo di scendere per le vie del centro storico, per respirare vita vissuta.
Rimaniamo positivamente colpiti dalle piccole vie che portano al fiume, cuore pulsante della città.
Qui scarpe da ginnastica appese a fili della corrente, murales e tetti spioventi ti costringono ad alzare lo sguardo, ad incuriorirti.
Siamo stanchi, dopo una tappa al mercato internazionale dove Luigi decide di rifocillarsi con delle gustose costolette di maiale, ci trasciniamo dietro i piedi per le vie del centro per non perderci nemmeno un angolo di questa città.

Decidiamo di rilassarci un poco a Tivoli, un grande parco alle porte della periferia, parco di cui ci arrendiamo ad ammirare solo l'ingresso, ci stendiamo sull'erba e ci riposiamo, tra la cagnara di chiwawa tenuti al guinzaglio da giovani donne che pur di scambiare due chiacchiere tra loro decidono deliberatamente di ignorare l'antipatia che scorre tra le bestiole.
Tappa obbligata secondo le mie ricerche è il quartiere di Metelkova, centro culturale salvato dalla demolizione da un' associazione indipendente di artisti e intellettuali che ha occupato questa ex caserma austroungarica.
Qui giovani e meno giovani costruiscono e allestiscono il loro mondo di colori, mentre famiglie di turisti come noi passeggiano tra le loro creazioni e le loro vedute.
C'è un cartello con scritto “do not take photos to people, this is not a zoo” e accanto bar, mostre d'arte contemporanea ed istallazioni video.
E' strano vedere come un posto come questo, facilmente e a tratti forse pure obiettivamente etichettabile, sia in grado di coesistere e coabitare con la città intera, con le piazze, i musei che gli sorgono affianco e le famiglie di padri e figli che giocano a nascondino.
La notte le conferisce un fascino diverso, le luci degli edifici si riflettono sulle acque del fiume Ljubljanica che ammiriamo dal triplice ponte, definito particolarità architettonica di Lubiana.
Tutto questo ci fa sorridere.
































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