GIORNO 0
Di attese e abbandono.
La scelta è stata semplice, ho assecondato un bisogno, quello di evasione, che prepotente, a intervalli ben scadenzati, si manifesta in me.
Sentivo l'esigenza di una vacanza dopo l'inizio della mia vita adulta, un lavoro full time, la convivenza. La programmazione è partita da lontano per poi ridimensionarsi con serenità, come accade sempre.
Un solo filo conduttore: i vulcani, le sabbie nere e i paesaggi lunari.
Così da una costosa ed isolata Islanda, passando per una più accogliente isola delle Canarie, sono giunta alla Sicilia orientale.
La mia propensione al risparmio mi ha condotto infine in queste terre.
Non mi spaventava partire sola con la mia macchina fotografica e la mia penna, quando ho voracemente cliccato il pulsante di conferma online.
L'attesa del viaggio non ha fatto altro che aumentare il mio orgoglio, fino al crollo dei saluti all'aeroporto. Stringo Luigi con la forza di qualcosa di definitivo.
Dall'aeroporto di Perugia oggi si parte solo per Catania, ragazze e ragazzi soli che tornano a casa per i ponti, famiglie numerose, genitori sommersi da oggetti per l'infanzia.
Attendo al gate e mi guardo intorno, cercando di deglutire il primo vero impatto con la solitudine.
In questa piccola sala d'attesa sembrano conoscersi tutti, le persone si scambiano sorrisi di comprensione, bambini giocano a calcio, anziani signori smarriti nella loro stanchezza rinviano palloni rimbalzati nelle loro scarpe nuove per caso.
Non c'è fermento, sarà l'ora del tramonto che fa entrare dalle vetrate un senso di calma.
Il posto finestrino non mi spettava di diritto non avendo ritenuto rilevante pagare il suppemento, ma me lo sono conquistato arrivando prima e ignorando le ragazze di fianco a me con garbo, nessuna ha chiesto, così sono rimasta.
Decolliamo e poco dopo mi addormento, mentre stanno ancora promuovendo la lotteria.
Mi sveglio di soprassalto quando il carrello dell'aereo tocca bruscamente terra. La prima cosa che mi colpisce è il profumo pungente che pare emanare la mia compagna di viaggio, un profumo che al decollo non avevo avvertito. Saliamo stipati sull'autobus per il gate e qui è un tripudio di profumi voraci, forti e pesanti almeno quanto il bracciale d'oro che porta al polso l'uomo il cui braccio si protende di fronte al mio viso, attaccato all'asta. Perdo il primo autobus per il centro, salgo sul secondo in anticipo.
Per le strade buie degli scoppi, sarà la solitudine ma mi spavento, poi mi volto e da una casa vedo partire dei fuochi d'artificio altezza uomo, noto più le polveri dello scoppio che il cielo brillare.
Poi sorrido, è solo una questione di punti di vista, penso.
Forse non sarà questa notte, però, a permettermi di apprezzare lo stile barocco di questi luoghi.
Nella strada per l'albergo seguo a testa china il navigatore di un telefono scarico, la borsa sulla pancia, il trolley che fa rumore dietro di me.
Le strade buie, mercati aperti, una donna in vestaglia di pile rossa compra un cavolo per strada a “1€ l'uno”, accanto a lei il signore del ghiaccio fuma una sigaretta sdraiato sul suo banco ormai spoglio.
C'è odore di pesce, le pareti dei palazzi sembrano ricoperte di un velo nero, passo in mezzo a tante persone ma noto solo tipi loschi.
Arrivo all'appartamento trafelata, sudata, affamata ma con la sola voglia di trovare la mia sicurezza tra le mura di una stanza.
La mia giornata si conclude così, una sigaretta e dei taralli confezionati sul terrazzino della stanza. Sopra di me una rete contiene dei calcinacci che pendono dal piano di sopra, sotto di me dei ragazzi festeggiano per strada, l'auto con gli sportelli aperti pompa musica latino americana, donne vestite di glitter cantano usando lo spumante come microfono, di fianco la facciata illuminata di una chiesa.
In camera un prepotente deodorante per ambienti che pare perseguitarmi.