venerdì 15 settembre 2017

(MO)DINI'S ON THE ROAD

GIORNO 6

Nonostante la scomoda nottata ci svegliamo sereni e con un piano.
Tra un saccottino strabordante di marmellata ed un caffè, scegliamo di provare la gita in barca “Sandra, Medulin Excursions”.
Una barca gialla e rossa salperà dal porto della vicina Medulin per portarci alla scoperta del Parco Kamenjak che, assieme al centro abitato di Premantura, costituisce la stretta e verde penisola più a Sud dell'Istria. Pranzo di pesce a bordo, escursione della grotta e sosta di due ore nell'isola di Cielo per 20 euro, mi dice la voce femminile che risponde al telefono, non ce lo facciamo ripetere due volte e sotto un caldo cocente, unti di crema solare, ci presentiamo al porto in cerca dell'ombrellone rosso della cassa.
Siamo tanti, comincio a chiedermi se sia stata una buona idea, poi la suddivisione in varie imbarcazioni mi risolleva il morale.
Saliamo, la barca in legno laccato pare inizialmente non essere capiente abbastanza per tutti i sederi che devono condividere le panche, ma dopo poco ci sparpagliamo, chi a fumare una sigaretta con il vento tra i capelli, chi ad osservare la spuma del mare cozzare contro il perimetro dell'imbarcazione, chi a bere birra in lattina, chi a scattare fotografie al popolo vacanziero che, inerme ed inconsapevole, posa dalla riva. Luigi ha da subito preso confidenza con una famiglia italiana con cui condividiamo lo stretto tavolo da pranzo. Sono di Mantova, la figlia ha il mio stesso nome e la stessa età di mia sorella, fa ginnastica artistica e vuole solo tornare a casa sua. Marito e moglie sono due sportivi, sfoderano sorrisi e cominciano a scambiarsi domande con l'unico della coppia che riesce ad essere sempre ben predisposto a questo approccio, e non sto parlando di me.
Così, un po' ascolto, un po' sorrido, un po' intervengo, poi mi alzo e mi poggio sulla balaustra, il vento in faccia, il mare di fronte, la macchina fotografica salda fra le dita.
Una giovane ragazza croata comincia ad istruirci su ciò che andremmo ad osservare:
“Un faro da poco automatizzato, un solo guardiano, camere molto care a disposizione per essere affittate da chi vuole passare una serata romantica”, poi “una breve sosta di 20 minuti in una delle grotte più famose della costa, chi non sa nuotare resta a bordo, non disponiamo dei giubbotti salvagente, o meglio, ci sono, ma non sono utilizzabili” ed infine “pranzo a bordo e sosta di due ore nell'isola disabitata di Cielo”. Mi hanno sempre fatto sorridere i monologhi standardizzati multilingue delle guide turistiche, il loro viso fintamente disteso ed estremamente sorridente mentre vengono interrotte dai “Come? Cosa? Io non ho capito, che sta dicendo? Non sento”.Così rimango a fissarla con un'espressione di comprensione e sostegno.
Arrivati in prossimità della grotta buttiamo l'ancora, accanto a noi altre due barche con gli stessi colori in cui, questa mattina, ci hanno smistato.
La nostra è quella più lontata dall'ingresso della grotta, sono ancora indecisa se buttarmi o meno e cerco di calcolare quando potrei metterci io, tra le correnti ed il mio inconfindibile stile rana fuori dall'acqua, a raggiungere l'insenatura.
L'acqua qua è profonda 8 metri e piena di pesci, lo si vede anche da su.
Mi faccio coraggio e mi butto, palla gonfiabile vinta alla pesca della Sagra del Maccherone, maschera e boccaglio mi fanno da sostegno, Luigi subito dietro di me, con la stessa tenuta.
Galleggio non troppo lontano dalla barca abbracciando la palla, il viso sott'acqua mi permette di scorgere tutti quei pesci che ci nuotano attorno. I miei continui “Uh, guarda!” pronunciati con il boccaglio tra i denti, probabilmente mi rendono irritante.
Torniamo a bordo, mi sento soffisfatta ma non completa, alla grotta sarei potuta andare, così chiedo ad Elisa e a suo padre com'era.“A un certo punto la roccia della caverna toccava l'acqua quidi ti dovevi immergere per entrare dentro, c'era raggio di sole che penetrava dall'alto ed entrava in acqua, papà ha visto una medusa morta grande così, non scherzo, una figata”.
Come si può immaginare l'immagine del raggio di sole è stata clamorosamente affossata dal resto del racconto, guardo Luigi e siamo contenti così.
Mentre aspettiamo il pranzo mi avvicino sempre di più, in fondo non è così male il confronto forzato, a volte. Parlo con quasta famiglia del nord, ridiamo insieme e mi accorgo che mi stanno simpatici, che una volta scesi dalla barca per la sosta sull'isola, una volta ritrovato lo spazio aperto, non cercherò immediatamente di sbarazzarmi di loro.
L'isola è circondata da un mare cristallino, solo un sali scendi di persone che affollano il piccolo molo da colore ad una terra arida, fatta di enormi sassi bianchi a scivolo sul mare e arbusti ingialliti dal caldo che sbucano dall'entroterra.
Facciamo un bagno, poi, scarpine da scoglio ai piedi, ci inoltriamo in una camminata lungo la costa.

Il prezzo irrisorio per il servizio offerto assieme alla fuga dalle spiagge affollate della terraferma mi portano a gioire della scelta fatta.
Mi godo questa sensazione fino a quando non torniamo in appartamento.
Qui un sommesso Jacob, il propietario, ci offre una bottiglia di vino bianco locale per scusarsi ancora per i disagi causatici, parla un po' con noi poi se ne va, con i soldi tra le mani.
Chiude la porta e Luigi mi fa notare che “Elisa, quella bottiglia è aperta” mettendo il suo scuro vetro in controluce. Il mattino seguente ci lascerà davvero la fattura richiesta fuori dalla porta, la fattura di Maria Bidini, soggiorno dal 18 al 19 agosto.
Un genio.

La sera ci concediamo una cena seria, la prima della vacanza, abbiamo prenotato nel ristorante numero uno di Pola, Konoba Medeja.
Qui veniamo accolti dal suo proprietario Christian, un buttafuori, di aspetto e di fatto, voce gentile e arte dell'accoglienza alla mano. Un giornalista e una fotografa alle prese con una storia di passione e sacrificio. Un'esperienza culinaria che ci fa dimenticare il resto.





















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