GIORNO 7
Ci svegliamo contenti di salpare
l'ancora.
Prepariamo i bagagli, lasciamo il vino e la fattura, prendiamo le calamite ancora incartate sul frigo, non abbiamo una penna per il nostro messaggio per Jacob: “Lo lasciamo a te, per festeggiare gli esami”, così usciamo e con un sorriso sulle labbra lasciamo le chiavi dell'appartamento sotto al nano da giardino.
Facciamo colazione nella panetteria vicina al parcheggio, abbiamo una multa da pagare, dobbiamo controllare che non diventino due in assenza di spiccioli.
Ci avviamo verso l'ultima tappa, Rovigno, a 95 km da Trieste, il filtro evita strade con pedaggio ci permette di ammirare il paesaggio che ci scorre a fianco. Queste sono le terre dell'olio, distese di olivi circondati da filari di terra rossa si alternano a chioschi di degustazione e vendita dei prodotti locali che con le loro insegne verdi e gialle spiccano tra le rocce.
Arriviamo all'albergo con animo diffidente, ci troviamo in un quartiere residenziale a pochi metri dalla costa, scendiamo dall'auto e una signora bionda e sorridente sulla 50ina comincia ad agitare le braccia da una finestra un paio di piani più in su, facendoci segno di raggiungerla.
Mentre sistemiamo i bagagli il compagno della proprietaria ancora indaffarata nella pulizia delle camere adiacenti decide di invitarci a bere un caffè al piano di sopra, che poi è casa loro.
Mi guardo intorno, una parete rivestita di carta da parati con mattoni grigi che non combaciano attrae la mia attenzione, subito distolta dalle tre bottiglie di grappa che l'uomo appoggia sopra il tavolino del salotto.
Non importa che ora del giorno sia, se un Croato decide di darti il benvenuto, tu dovrai sorseggiare della grappa. Così, ormai rassegnata, stringo tra le mani il bicchierino colmo e lo ascolto raccontare del lavoro, degli spostamenti, della crisi economica e della Germania che non è più quella di una volta.
Cerco di non soccombere al caldo unito all'assenza di cibo e alla degustazione appena conclusasi, seduta in terrazza, la brezza marina tra le gambe distese.
Usciamo più per la ricerca del cibo che per la reale voglia della spiaggia all'ora di pranzo, la signora di cui mi accorgo solo adesso non conoscere il nome, ci invita a noleggiare le bici di sua sorella, per andare in spiaggia e spostarsi in città. Poche volte hanno visto una Rovigno così affollata, trovare parcheggio può trasformarsi in un incubo, così accogliamo il consiglio e ce ne andiamo con delle mountain bike senza lucchetto perché, come insiste a sottolineare, “qua non ruba nessuno”.
Il lungomare ha inizio, sul lato sud del centro storico, con un grande stabilimento balneare anni 90 che si erge a dominare la baia, continuiamo a pedalare nella pineta che costeggia il mare, solo pochi metri di ciottoli ci separano dall'acqua. Gente sdraiata su amache appese tra i pini si gode il vento fresco che da sollievo anche alle nostre spalle sudate sotto gli zaini.
Passiamo uno dei primi veri pomeriggi di completo relax, sdraiati all'ombra di un albero come piace a noi, sotto la schiena enormi rocce levigate, i piedi dentro l'acqua.
Raccolgo piccoli resti di conchiglie lasciate a riva dalla corrente, guardo i granchi cibarsi delle alghe che ricoprono il bagnasciuga con quei movimenti buffi delle chele, bevo una birra e mi inibisco osservando quelle piccole meduse bianche ed innocue che affollano i mari dell'Adriatico, quello pulito.
La sera ci dedichiamo una cena di pesce in un ristorante anni 90 di un albergo sul porto della città illuminata, il campanile della città vecchia che si erge solitaria in una piccola penisola in mezzo al mare conferisce un'aria romantica a questo luogo così affollato.
Con le bici alla mano saliamo fin lassù, tra gli stretti vicoli dove l'influenza della Repubblica Veneziana continua a farsi sentire, tra i panni stesi alle finestre e i ciottoli così lucidi e levigati che non rendono di certo semplice la scalata.
Passiamo così la nostra ultima sera, in silenzio, ad osservare le luci che si riflettono sul mare intorno a noi, mentre digeriamo una grigliata di pesce.
Prepariamo i bagagli, lasciamo il vino e la fattura, prendiamo le calamite ancora incartate sul frigo, non abbiamo una penna per il nostro messaggio per Jacob: “Lo lasciamo a te, per festeggiare gli esami”, così usciamo e con un sorriso sulle labbra lasciamo le chiavi dell'appartamento sotto al nano da giardino.
Facciamo colazione nella panetteria vicina al parcheggio, abbiamo una multa da pagare, dobbiamo controllare che non diventino due in assenza di spiccioli.
Ci avviamo verso l'ultima tappa, Rovigno, a 95 km da Trieste, il filtro evita strade con pedaggio ci permette di ammirare il paesaggio che ci scorre a fianco. Queste sono le terre dell'olio, distese di olivi circondati da filari di terra rossa si alternano a chioschi di degustazione e vendita dei prodotti locali che con le loro insegne verdi e gialle spiccano tra le rocce.
Arriviamo all'albergo con animo diffidente, ci troviamo in un quartiere residenziale a pochi metri dalla costa, scendiamo dall'auto e una signora bionda e sorridente sulla 50ina comincia ad agitare le braccia da una finestra un paio di piani più in su, facendoci segno di raggiungerla.
Mentre sistemiamo i bagagli il compagno della proprietaria ancora indaffarata nella pulizia delle camere adiacenti decide di invitarci a bere un caffè al piano di sopra, che poi è casa loro.
Mi guardo intorno, una parete rivestita di carta da parati con mattoni grigi che non combaciano attrae la mia attenzione, subito distolta dalle tre bottiglie di grappa che l'uomo appoggia sopra il tavolino del salotto.
Non importa che ora del giorno sia, se un Croato decide di darti il benvenuto, tu dovrai sorseggiare della grappa. Così, ormai rassegnata, stringo tra le mani il bicchierino colmo e lo ascolto raccontare del lavoro, degli spostamenti, della crisi economica e della Germania che non è più quella di una volta.
Cerco di non soccombere al caldo unito all'assenza di cibo e alla degustazione appena conclusasi, seduta in terrazza, la brezza marina tra le gambe distese.
Usciamo più per la ricerca del cibo che per la reale voglia della spiaggia all'ora di pranzo, la signora di cui mi accorgo solo adesso non conoscere il nome, ci invita a noleggiare le bici di sua sorella, per andare in spiaggia e spostarsi in città. Poche volte hanno visto una Rovigno così affollata, trovare parcheggio può trasformarsi in un incubo, così accogliamo il consiglio e ce ne andiamo con delle mountain bike senza lucchetto perché, come insiste a sottolineare, “qua non ruba nessuno”.
Il lungomare ha inizio, sul lato sud del centro storico, con un grande stabilimento balneare anni 90 che si erge a dominare la baia, continuiamo a pedalare nella pineta che costeggia il mare, solo pochi metri di ciottoli ci separano dall'acqua. Gente sdraiata su amache appese tra i pini si gode il vento fresco che da sollievo anche alle nostre spalle sudate sotto gli zaini.
Passiamo uno dei primi veri pomeriggi di completo relax, sdraiati all'ombra di un albero come piace a noi, sotto la schiena enormi rocce levigate, i piedi dentro l'acqua.
Raccolgo piccoli resti di conchiglie lasciate a riva dalla corrente, guardo i granchi cibarsi delle alghe che ricoprono il bagnasciuga con quei movimenti buffi delle chele, bevo una birra e mi inibisco osservando quelle piccole meduse bianche ed innocue che affollano i mari dell'Adriatico, quello pulito.
La sera ci dedichiamo una cena di pesce in un ristorante anni 90 di un albergo sul porto della città illuminata, il campanile della città vecchia che si erge solitaria in una piccola penisola in mezzo al mare conferisce un'aria romantica a questo luogo così affollato.
Con le bici alla mano saliamo fin lassù, tra gli stretti vicoli dove l'influenza della Repubblica Veneziana continua a farsi sentire, tra i panni stesi alle finestre e i ciottoli così lucidi e levigati che non rendono di certo semplice la scalata.
Passiamo così la nostra ultima sera, in silenzio, ad osservare le luci che si riflettono sul mare intorno a noi, mentre digeriamo una grigliata di pesce.
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