mercoledì 23 settembre 2015

FAMIGLIA MODESTI IN TUR(*)


GIORNO 2


Il viaggio, l'irrequietezza di mia sorella e le sue gambe lunghe, i rumori dal muro a fianco, il cuscino che pare rimpinzato di fogli di giornale come una borsa in vendita, non so cosa sia stato, ma ho passato la notte in bianco e, come prevedibile, la mattina non è stata una delle migliori.
Lasciamo la zona industriale alla volta di Giverny, città di Monet, mentre mia sorella attende annoiata accanto ad un fuggitivo topolino di campagna che abbiamo cercato di catturare, io, babbo e mamma entriamo nella casa del pittore, oggi trasformata in museo, giardino e laghetto delle ninfee compresi.
Fiori, turisti e apparecchi fotografici in ogni dove, l'orticaria da sovraffollamento si fa sentire ma riusciamo a sdrammatizzare con battute sui giardinieri e procediamo con il giro forzato.
L'ambiente palesa una sensazione di pace e creatività, non risulta poi così difficile calarsi nei panni di quel vecchio barbuto con cappello immerso nel suo umile giardino a ritrarre delle statiche ninfee, ammetto di aver pensato "e grazie al cazzo", ma respiro fiori e ascolto ruscelli che trasportano via il cinismo.
La casa, fatta esclusione per salone e cucina, me la sarei risparmiata. Odio le case diventate musei, le transenne a ipotetici arredi rimasti intatti dalla morte del proprietario, ricostruzioni, puzzo di stantio e di polvere, per lo stesso motivo ho odiato Versailles e la Casa di Ivan Bruschi, così cerco una visione alternativa, punto lo sguardo in direzioni inconsuete, fisso la gente in fila sulla strada, dalla finestra di camera sua.
Lasciamo questo delizioso angolo di paradiso per Rouen, capitale dell' Alta Normandia e tomba di Giovanna D'Arco. Case a graticcio, tetti spioventi e legno fanno da padroni, oscurando ogni cosa sia stata costruita dopo il medioevo. Dopo un "Entrez" e un "No, siam in quatr", salpiamo, lungo la Senna.
Scrivo in un tavolino di legno di una pensione in un paesino sperduto tra le anse della Senna, ci hanno sistemati nel sottotetto, le travi in legno e le finestre basculanti che affacciano su tetti e sulle piastrelle di ardesia che li ricoprono mi affascinano, l'arredamento e la macchia nera sul copriletto un pò meno.
Il babbo tira un sospiro di sollievo, la giornata è stata lunga così si siede sul letto, il letto va a terra, una gamba rotola sul pavimento, ci fissiamo attoniti.
Prendo in mano la situazione e la gamba del letto per agevolare la spiegazione del fatto al vecchio, inefficiente e scarsamente globalizzato proprietario, ed è qui che carpisco la prima lezione di vita che questa gente del Nord ha da offrirmi, esattamente quando, con tutta calma, lui viene su, osserva il letto, spezza le altre tre gambe e se ne va dicendo "Ok, now".
Finita la cena di crepes io resto giù, un Calvados di fronte a me, un marinaio alla mia destra, non so se lo sia davvero ma mi piace pensarla così, ha i baffi lunghi e una cerata verde lo ricopre lasciando fuori solo le mani intente a rollare una sigaretta. Ascolta musica da cuffie troppo piccole per la sua stazza, collegate ad un lettore cd anni 90. Non ho la macchina con me quindi mi limito a fare l'occhiolino, fotografandolo con la mente intrisa di sidro.
Il proprietario lo raggiunge, parlano un francese incomprensibile, mi guardano, al mio "ne comprendes pas" sorridono alzando a malapena l'angolo della bocca, non mi sento sola, l'abbazia di Jumièges alle mie spalle mi fa compagnia.




























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