giovedì 22 ottobre 2015

FAMIGLIA MODESTI IN TUR(*)

GIORNO 8

Ci svegliamo a Quimper, i canali fioriti irradiati dai primi raggi di sole ci danno il buongiorno, iniziamo la vana ricerca di una boulangerie per la colazione, il paese è veramente piccolo, sono le 8:30 e non c'è ancora niente di aperto, niente, davvero.
Vaghiamo per la piazza fantasma per poco ancora prima di deciderci a partire per la prima tappa e cercare qualcosa per strada, un cookie per mia sorella, un caffè per la mamma prima che inizi il mal di testa.
Il faro di Eckmühl dell'aristocratica austriaca spicca sul porticciolo dove riposano all'asciutto le barchette dei pescatori, su un letto di alghe e conchiglie piccolissime e colorate.
Mia sorella è scesa dalla macchina come una lucertola in cerca di sole, forse le manca l'ossigeno.
Guardo i pescatori uscire dal porto, le gabbie per aragoste lasciate sul molo del Point de Penmarc'h.
Saliamo i 300 scalini della scala a spirale che ci separano dalla cima, mi tengo aderente al muro esterno, guardare giù mi da la nausea, gli anni si portano dietro le vertigini.
Sono 60 i metri che adesso ci separano dal mare, che separano la stanza della vecchia aristocratica posta all'ultimo piano dalla terra dove fino a poco prima lasciavo andare i miei pensieri, vedo le ombre della gente che comincia ad affollare la spiaggia, le coste lasciate scoperte dalla bassa marea e le casette bianche e appuntite che brulicano come pecorelle.
Una volta scesi le vecchie bretoni che ricamano centrini tipici della zona attirano la mia attenzione. Una di loro ci spiega la simbologia del posto, così finalmente scopro che le tre spirali sono aria, acqua e terra e che i fiordalisi sono ovunque, mi illustra il tricot e gli utensili del mestiere, poi ci saluta con un "arrivederci" e un sorriso.
Pont Aven ci aspetta per divorare il nostro tipico pranzo al sacco, più mulini che case, un fiumiciattolo scorre per tutto il paese conferendogli un'aria estiva che raramente si respira in questo Nord.
Mangiamo baguette in riva al fiume accanto ad oche da guardia che mordono del gambe del babbo.
E' la prima volta che vediamo oche nella patria delle oche e del foie gras, probabilmente ce ne sono più morte che vive.
E' qui che Gauguin, nella seconda metà dell'Ottocento aveva riunito un arsenale di pittori impressionisti, il suo Cristo Giallo rappresentato ovunque e in ogni forma mi fa tornare alla terza prova degli esami di maturità.
Ultima tappa a Rennes dove dormiamo stanotte, giro del centro, negozi chiusi e giovani all'ora dell'aperitivo. Spesa di pasta, pesce e biscotti da cucinare nell'inaspettata piacevole sorpresa che si è rivelato l'appartamento a due piani, due bagni, tre stanze, open space e caminetto.
Sono qui seduta al bar dell'albergo con la mia birra a scrivere la mia storia quando mi si avvicina lei, giubbotto verde, frangia e 50 anni che parlano di lei dalle rughe attorno agli occhi.
Mi intimorisce, mi sta vicina, è ubriaca e con un bicchiere di vino in mano invade il mio spazio vitale, le dico che sono italiana e allora comincia a a parlare un italo-spagnolo impastato che comprendo abbastanza bene.
In mezz'ora mi racconta la sua vita e mi rapisce: origini ebraiche, nata in Lussemburgo, figli e nipoti sparsi per il mondo avuti con uomini maneschi o dalle dubbie origini.
Ballava danza classica, mi dice mentre mima un terza posizione, ha girato Europa, Africa e Sud America ed ora, sola con i suoi sonniferi, gira la Francia in cerca di una casa che possa permettersi con la pensione di invalidità.
Sul suo volto la sofferenza di una vita tormentata, mi lascia con l'amaro in bocca.


































mercoledì 21 ottobre 2015

FAMIGLIA MODESTI IN TUR(*)

GIORNO 7


Scrivo da un tavolino di ferro blu fuori dalla stanza da motel di Quimper, è domenica ed è tutto chiuso, solo la fauna davanti alla stazione ad animare il quartiere.
Siamo andati a mangiare al Mc per la gioia di mia sorella, e così mi sono guadagnata il secondo dvd originale in francese di Rio 2.
La mia faccia ustionata da ieri ringrazia la Bretagna e i suoi cieli grigi.
Siamo nella Cornovaglia Francese, patria della cultura celtica, di maghi e foreste incantate.
I cartelli stradali hanno la doppia lingua, i più poveri hanno trovato nell'amianto una valida alternativa ai tetti di ardesia e gli Irish Pub vanno per la maggiore.
Partiamo dal faro di Saint Mathieu, uno dei pochi accessibili all'interno, costruito accanto ad un'abbazia benedettina rimasta senza tetto come la nostra San Galgano.
Le 10 del mattino ci danno un vantaggio notevole sull'orda di turisti che affollano questi luoghi, lo sfruttiamo salendo i 200 scalini che ci separano dalla cima del faro; sulla vetta la guardiana, giubbetto anti-vento rosso e ricetrasmittente al collo, le vertigini si attenuano scrutando l'orizzonte, oceano, scogli, barche a vela ed altri fari, qui, sul promontorio del Finistere, Penn-ar-Bed in lingua bretone, fine del mondo, nella nostra.
Tengo a bada la mia cleptomania vintage di fronte ad un libretto su un camino, le pagine di cotone non hanno scritte, ma sembra avere diversi anni e nessuno mi sta guardando, penso al Karma e mi allontano da lì.
Amo fotografare persone sconosciute che mi guardano, amo portare a casa scatti di gente che con lo sguardo perso va oltre l'obiettivo e guarda me che mi ci nascondo dietro, punto l'obiettivo nella loro direzione, poi scosto la macchina e guardo meravigliata un punto del paesaggio dietro di loro, impugno e scatto, è a quel punto che che sono sicuri di non essere parte dell'inquadratura, si tranquillizzano, e mi regalano la loro espressione migliore, sicura, rilassata. I bambini sono comunque quelli che ci riescono meglio, non hanno ancora sviluppato la malizia del "perché starà fotografando me? Ho qualcosa che non va?", nessuno pensa mai in positivo.
Di nuovo in macchina verso il porto di Camaret, paesino di pescatori e raccoglitori di ostriche da bassa marea, uno dei posti che ho adorato di più.
Ruderi di navi spiaggiati se ne stanno lì, attraccati alle cime, testimoni dello scorrere del tempo.
Il mercato attira me e la mamma che a passo veloce ci perdiamo tra le tradizionali cibarie e l'oggettistica fai da te, qui donne ricamano e filano la lana, mentre vecchi artisti disegnano e si scambiano esperienze di fronte ad un atelier.
Ci fermiamo per scogliere, tra megaliti e bunker militari, le vedute da quassù lasciano senza fiato, il mare è limpido e freddo.
Ultima sosta a Locronan, paesino roccioso, grigio e celtico.
Entriamo in un negozietto a tre piani che mi rapisce, cavalli a dondolo, macchinine d'epoca, elmetti di guerra, cartelli e cimeli di ogni tipo, ricoperti da un rassicurante strato di polvere.
All'ultimo piano una libreria, chiaramente di stampo celtico, storie di Hobbit ed Elfi riposano dentro quei libri, mentre fuori un tizio in carrozza accompagna turisti in un breve ma infinito giro della piazza e un uomo con completo bianco, camicia bianca, scarpe bianche, Nikon bianca, si fuma una sigaretta, bianca.
Sono stanca oggi, entro in macchina e mi addormento con il lievito della baguette che finisce il suo corso dentro il mio stomaco.