domenica 12 gennaio 2020

IO VIAGGIO ANCHE DA SOLA (pt. 2)


GIORNO 4

L'ultimo risveglio lo faccio con il vento, apro gli occhi con la sensazione che fuori ci sia una tempesta, sensazione che poi si rivela falsa. 
Davanti alla mia enorme tazza di latte e cioccolato studio la mappa in cerca delle ultime destinazioni prima della partenza di questo pomeriggio. 
Mi cade l'occhio su Borgo Vecchio, quartiere leggermente decentrato tra il porto ed il carcere, due delle mie parole preferite insieme e io ancora non ci sono stata, perché?
Lo chiedo ad Antonio, il ragazzo della reception che gentilmente ogni mattina continua ad offrirmi caffè. “Non te l'ho consigliato perché c'è la mafia laggiù, è dove hanno ucciso il Generale Dalla Chiesa”.
Come può la mafia influenzare la passeggiata di una turista in una mattinata di giovedì, mi domando. Meditando sulla risposta faccio la valigia e mi incammino, non credo di esserci davvero entrata a Borgo Vecchio, penso che mi fossi appena affacciata quando ho deciso di tornare indietro. Sono stata in quartieri degradati in questi giorni, un bambino mi ha fatto scoppiare un petardo vicino ai piedi in un vicolo sperduto sopra il mercato del Capo, penso di non aver mai saltato tanto. 
Passeggi sempre in un leggero stato di allerta.
Qua è diverso però, uomini di ogni etnia si ergono possenti ad angoli di negozi o palazzi, mani dietro la schiena e piede appoggiato al muro, scrutano i tuoi movimenti. Non c'è molta gente in giro ma ti senti osservato, come se ci fosse sempre un paio di occhi che ti accompagnano, che tu li veda oppure no. Non so se è stato il potere della suggestione, ma nonostante le pattuglie non mi sono sentita al sicuro.
Cerco di scrollarmi di dosso questa sensazione mentre torno verso il centro città.
La chiesa di San Domenico attrae la mia attenzione, non la conosco e non la googlo, entro e basta.
E' molto grande ma non mi affascina, uno stile ricco ma sobrio, colori tenui e colonne possenti. Passeggio per le navate e le ricche cappelle, quando mi trovo di fronte alla tomba di Falcone, mi scappa un sorriso, mi sento abbracciata.
Il caso a volte è il regalo più bello che esista.

Riprendo a camminare, i piedi indolenziti e il cuore in pace, passo tra i banchi del mercato della Vucciria e sento che tutto dipende da me. Compro calamite e cibo sottovuoto per amore e per rompere il ghiaccio con gli stessi uomini che giorni fa vedevo così distanti, adesso ci parlo e chiedo loro di poterli ritrarre. Posano per me e mi regalano grandi storie, sorrisi e complimenti. Mi sento bene tra polipi, sardine sotto sale e sole. Seguo il flusso positivo e mi addentro di nuovo a Ballarò in cerca di graffiti, il marsupio è dentro lo zaino e la macchina in vista. Mi ferma un uomo dal viso dolce e il cappellino Isomar. Mi dice che non dovrei fidarmi così, di nascondere la macchina, è pericoloso. “Vieni, cerchiamo una busta come la mia, così puoi coprirla, non ti faccio andare via così”. Mentre indosso l'impermeabile per rassicurarlo si racconta, si chiama Carlo, è un professore di greco e latino del liceo. Gli sorrido, lui mi fissa e si commuove. “Hai occhi che cercano luce, tu ti prendi quello che vuoi con bontà, non si trovano spesso persone così”, mi sciolgo, lo ritraggo e lui mi chiede di spedirgliela per posta, mi lascia l'indirizzo che ripete un paio di volte per essere sicuro. “Ricorda, il mondo non è fatto di amore, è fatto di intese, continua a cercare, sempre”. Mi saluta così ed io potrei scoppiare di gioia.
Nessuna fine potrebbe essere più perfetta, penso.
Mi dirigo in pasticceria per portare agli amici la scorza dei cannoli, l'unica che può passare i controlli all'aeroporto. Entro e “che fai? Lasci il meglio? Guarda che la ricotta dura 24 ore fuori dal frigo e la puoi portare in aereo.” Ok, può essere più che perfetto.

Il mondo forse risponde davvero al tuo stato d'animo 
ed è bello ricordarselo ogni tanto.